LA RESPIRAZIONE

Quando parliamo di disturbi d'ansia, non ci riferiamo alla normale e fisiologica reazione di paura o apprensione che tutti proviamo di fronte a una minaccia reale o potenziale. L'ansia, in sé, è un meccanismo adattivo che ci prepara ad affrontare il pericolo. Nei disturbi d'ansia, però, questa risposta diventa eccessiva, sproporzionata rispetto alla situazione, persistente nel tempo e interferisce significativamente con la vita quotidiana della persona. È come se il nostro "sistema di allarme" interno si attivasse troppo spesso, troppo intensamente e per motivi che non rappresentano un vero pericolo imminente.

AUTORITA' INTERIORE

Pensiamo alla predisposizione biologica. Alcune persone nascono con una maggiore vulnerabilità genetica a sviluppare ansia. Se in famiglia ci sono stati casi di disturbi d'ansia, è possibile che ci sia una certa ereditabilità. Questo non significa che si svilupperà necessariamente un disturbo, ma che la "soglia" per attivare la risposta ansiosa potrebbe essere più bassa. Immagini due persone di fronte a una situazione stressante: una potrebbe reagire con una leggera preoccupazione, mentre l'altra potrebbe sperimentare un'ansia molto più intensa e persistente, in parte a causa di questa predisposizione biologica.

LO STOP

Poi ci sono le esperienze di vita, che possono avere un impatto significativo sullo sviluppo dell'ansia. Eventi traumatici, come abusi, lutti precoci, incidenti o esperienze di violenza, possono lasciare cicatrici profonde e rendere una persona più incline a percepire il mondo come un luogo pericoloso e imprevedibile. Anche esperienze meno estreme ma comunque stressanti e ripetute, come un'infanzia in un ambiente familiare instabile, continue pressioni scolastiche o lavorative eccessive, o relazioni interpersonali difficili, possono contribuire a strutturare pattern di pensiero e reazione ansiosi. Immagini un bambino cresciuto in un ambiente familiare caratterizzato da litigi frequenti e imprevedibili: potrebbe sviluppare un'ansia cronica legata all'incertezza e alla paura del conflitto.

IL FIAMMINERO

Infine, i fattori psicologici giocano un ruolo cruciale. I nostri pensieri, le nostre convinzioni e i nostri schemi interpretativi influenzano profondamente le nostre emozioni. Persone con una tendenza al pensiero catastrofico (immaginare sempre lo scenario peggiore), all'ipervigilanza (essere costantemente in allerta per potenziali pericoli) o all'intolleranza all'incertezza (bisogno eccessivo di controllo e difficoltà ad accettare l'ignoto) sono più vulnerabili all'ansia. Immagini una persona che, sentendo un leggero dolore al petto, subito pensa di avere un infarto, alimentando un'escalation di ansia e paura.

LA GRATIDUDINE

A livello fisico, l'ansia può scatenare una serie di reazioni corporee spiacevoli. Il battito cardiaco accelerato (tachicardia) e le palpitazioni sono molto comuni, così come la sudorazione eccessiva, i tremori o le scosse interne. Molte persone riferiscono sensazioni di mancanza di respiro (dispnea) o di oppressione al petto, che possono essere molto spaventose e talvolta scambiate per problemi cardiaci. Possono comparire anche nausea, mal di stomaco, diarrea o altri disturbi gastrointestinali, così come mal di testa, tensioni muscolari (soprattutto al collo e alle spalle) e vertigini o sensazione di sbandamento. La fatica e la facile stancabilità sono anch'esse sintomi frequenti, anche in assenza di sforzi fisici significativi.

IL GROUNDIND

È importante sottolineare che i sintomi possono variare molto da persona a persona e a seconda del tipo specifico di disturbo d'ansia (ad esempio, disturbo d'ansia generalizzata, disturbo di panico, fobia sociale, ecc.). Una persona con disturbo di panico, ad esempio, sperimenterà episodi improvvisi e intensi di paura accompagnati da sintomi fisici acuti, mentre una persona con disturbo d'ansia generalizzata vivrà uno stato di preoccupazione cronica e diffusa.

IL TRAINING AUTOGENO 

Il training autogeno è una tecnica di rilassamento psicofisiologico ampiamente utilizzata in ambito clinico per il controllo dello stress, la gestione delle emozioni e il trattamento dei disturbi a base psicosomatica. Non è però limitato alla clinica: trova applicazione anche nello sport, nello studio e in tutte le situazioni che richiedono concentrazione e rendimento elevato. Questa tecnica è stata sviluppata negli anni ’30 dallo psichiatra tedesco Johannes Heinrich Schultz, allievo di Oskar Vogt, pioniere nello studio dell’ipnosi. Rispetto all’ipnosi, il training autogeno ha un vantaggio fondamentale: rende la persona autonoma. Dopo un periodo di apprendimento guidato, infatti, il soggetto può praticare gli esercizi in piena indipendenza, senza la costante presenza del terapeuta.

 

Attraverso semplici esercizi di concentrazione e autosuggestione, il training autogeno permette di:

raggiungere uno stato di distensione psicofisica profonda;

ridurre o risolvere disturbi psicologici e comportamentali come ansia, attacchi di panico, insonnia, balbuzie o tic;

migliorare disturbi di origine vegetativa (respiratori, cardiocircolatori, gastrointestinali);

potenziare il rendimento nello studio, nel lavoro, nello sport e nelle performance artistiche;

sostenere trattamenti legati a disturbi alimentari, problemi sessuali e percorsi di disassuefazione dal fumo.

Oltre agli effetti clinici, il training autogeno favorisce una migliore consapevolezza di sé, aiuta a ridimensionare tensioni e conflitti interiori, e promuove serenità, equilibrio ed energia vitale. In poche settimane di pratica costante è possibile sperimentare una sensazione diffusa di calma, benessere e fiducia in sé stessi.

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